Ordinanza n. 86 del 2023

ORDINANZA N. 86

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), nella parte in cui modifica l’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), promosso dal Tribunale ordinario di Vicenza, sezione penale, in composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di G. S., con ordinanza del 7 aprile 2022, iscritta al n. 68 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visti l’atto di costituzione di G. S., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2023 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

deliberato nella camera di consiglio del 23 marzo 2023.

Ritenuto che con ordinanza del 7 aprile 2022, il Tribunale ordinario di Vicenza, sezione penale, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), nella parte in cui modifica l’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205) introducendo nella rubrica, dopo la parola «ritenute», le seguenti: «dovute o»; nonché introducendo nel comma 1, dopo la parola «ritenute», le seguenti: «dovute sulla base della stessa dichiarazione o»;

che il rimettente riferisce di procedere nei confronti di una persona imputata, tra gli altri, di più fatti di cui al reato previsto e punito dall’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000;

che all’udienza del 23 settembre 2021 la difesa dell’imputato ha eccepito l’illegittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 7, comma 1, lettere a) e b), del d.lgs. n. 158 del 2015, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost.;

che il giudice a quo evidenzia che le questioni sono state già sollevate dal Tribunale ordinario di Monza con ordinanza del 27 maggio 2021;

che, in punto di rilevanza, il rimettente afferma che, in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata, l’imputato andrebbe prosciolto ex art. 129 del codice di procedura penale, in relazione alle contestazioni di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, per non essere il fatto più previsto come reato;

che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo evidenzia che l’ampliamento della fattispecie incriminatrice in relazione alla condotta dell’omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione (“modello 770”) costituisce il frutto di una non corretta attività di completamento e sviluppo delle scelte del legislatore delegante;

che le disposizioni contenute nella legge di delega concorrono a formare, quali norme interposte, il parametro di costituzionalità dei decreti legislativi delegati, con la conseguenza che il contrasto tra norma delegata e norma delegante, per inosservanza dei principi e criteri direttivi, si traduce in violazione dell’art. 76 Cost.;

che in materia penale i principi sopra enunciati si pongono in modo ancora più stringente, atteso che l’art. 25 Cost. riserva al Parlamento le scelte incriminatrici;

che il rimettente sostiene che il legislatore delegato avrebbe esorbitato dal perimetro tracciato dall’art. 8 della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), atteso che dai principi e criteri direttivi contenuti nella norma delegante non si trae alcuna indicazione circa la possibile estensione delle condotte integranti la fattispecie di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000;

che il reato in questione e quello di cui all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 rientrerebbero tra le fattispecie meno gravi in relazione alle quali la delega non prevedeva anche la possibilità di ampliarne la tipicità;

che il giudice a quo osserva che se, da un lato, la scelta di innalzare le soglie di punibilità da 50.000 a 150.000 euro è coerente con la delega, in quanto mira a restringere la rilevanza criminale delle condotte del sostituto, dall’altro, l’intervento legislativo opera in senso espansivo, in quanto l’introduzione del sintagma che inserisce nel computo dell’imposta non versata «le imposte dovute sulla base della dichiarazione del sostituto» (“modello 770”) allarga lo spettro delle condotte punibili, estendendolo alle ritenute non certificate, ma semplicemente dovute;

che tale ampliamento è, altresì, in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto appare irragionevole che per l’omesso versamento di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione del sostituto di imposta si preveda una sanzione penale, mentre la falsificazione e l’infedele predisposizione di tale dichiarazione sono penalmente irrilevanti;

che, inoltre, l’estensione della tipicità operata dalla disposizione censurata finisce con l’affidare allo stesso contribuente la determinazione dell’imposta evasa, così da porsi come un incentivo alla presentazione di modelli 770 con indicazione di importi sotto la soglia di punibilità, nell’assenza di una norma che punisca la dichiarazione fraudolenta;

che, con atto del 5 luglio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel presente giudizio di legittimità costituzionale, evidenziando che le questioni sono già state sottoposte al vaglio di questa Corte;

che, con atto del 4 luglio 2022, si è costituita la parte formulando argomentazioni a sostegno della illegittimità costituzionale.

Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte con la sentenza n. 175 del 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 158 del 2015, nella parte in cui ha inserito le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nel testo dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 e dello stesso art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o»;

che, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ha, altresì, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 158 del 2015 e dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole «dovute o» contenute nella rubrica della disposizione;

che, dunque, questa Corte ha già adottato la pronuncia di illegittimità costituzionale della disposizione censurata in senso conforme al petitum del rimettente;

che, quindi, la questione di legittimità costituzionale è divenuta priva di oggetto ed è pertanto manifestamente inammissibile (ex multis, ordinanze n. 204 e n. 102 del 2022, n. 184 e n. 47 del 2021, n. 91 del 2019, n. 137, n. 38 e n. 34 del 2017).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), nella parte in cui modifica l’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Vicenza, sezione penale, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2023.